© ph. Matteo Marioli

Il decalogo del rito

Carni di qualità, la farina per fare la polenta, la legna, la macchina… sono molti i componenti di uno spiedo saporito.
Ecco qui illustrata la rappresentazione del rito dello spiedo bresciano sintetizzata dal gastronomo Marino Marini

Lo spiedo bresciano © ph. Matteo Marioli

IL DECALOGO

1. I convitati e lo spirito dello spiedo.
Innanzitutto si deve affermare in tutta serietà che lo spiedo non si può consumare senza la fondamentale compagnia di tante persone, amici, parenti o chiunque si voglia aggregare in un rito che non si può dissociare alla convivialità per eccellenza, il “condimento” necessario al successo di questo piatto.
Quindi tante persone, si auspica il giusto di allegria e la voglia di stare insieme, che è naturale per l’uomo da quando decise di allontanarsi dalle foreste e vivere con i suoi simili.
La fretta deve essere bandita, lo spiedo si deve mangiare appena cotto, nel caso si trattasse di spiedo avanzato da precedenti cotture il cliente deve essere avvisato.
La stagione dello spiedo coincide con le stagioni fredde che vanno dall’autunno alla primavera, eccezioni legate a particolari festività sono accettate nel rispetto della tradizione (Sant’Anna, San Rocco etc.).

2. La festa annuale dello spiedo.
Si propone di istituire una giornata annuale dove in tutta la provincia celebri lo spiedo bresciano in tutte le sue varianti: la giornata proposta è il giorno di San Martino, l’11 novembre. Questa particolare giornata è proposta per il profondo legame che il mondo contadino ha avuto per secoli con questo santo.
San Martino è protettore della Fanteria, degli albergatori, dei fabbricanti di botti, dei militari, degli osti, dei mendicanti, dei poveri, dei mariti traditi e ubriachi. Ricorda Mons. Paolo Guerrini nelle sue celebri “Memorie” che “ogni località dove si trova memoria di san Martino porta con sé il documento vivo delle origini monastiche”.
San Martino è patrono di numerosi comuni della nostra provincia come: Capodiponte, Cerveno, Cigole, Corzano, Farfengo, Gargnano, Magno di Gardone V.T., Marone, Moniga del Garda, Porzano di Leno, Sonvico di Pisogne, San Martino della Battaglia, Treviso Bresciano, Vezza d’Oglio, Villa Dalegno di Temù. Molte le sagre a lui dedicate e circa 70 fra chiese e cappelle intitolate al santo.

La brace © ph. Matteo Marioli

3. La legna e il camino.
E’ preferibile vedere girare gli schidioni dello spiedo di fronte ad un camino acceso dal quale raccogliere le braci per la cottura delle carni, è accettato tuttavia e a malincuore, l’uso di “tamburi” e apparecchiature dove depositare e far girare le bacchette infilzate dalle carni dello spiedo.
E’ indispensabile però che lo spiedo cuocia con braci di legna scelta, di primissima qualità e stagionatura tra le specie distribuite fra le nostre colline e montagne. Si consiglia perciò l’uso di carpino, vite, olivo, rovere, nocciolo, con la raccomandazione che la brace sia arroventata al punto giusto e che non vi sia traccia di fumo né di sostanze resinose, volendo, si possono bruciare sostanze aromatiche naturali come rametti di rosmarino, di salvia o di ginepro badando che non facciano né fuoco, né fumo. Sconsigliata la carbonella, specialmente se si chiude nel tamburo emanando uno sgradevole odore di gas che si propaga, inevitabilmente, alle carni.

4. Le carni.
Le carni da scegliere sono da preferirsi fra quelle macellate da animali allevati nella nostra provincia, sarà cura del ristoratore acquistare prodotti di prima qualità da scegliersi tra le carni di maiale (lombo o coppa, costine o puntine), pollo, coniglio.
Le carni saranno tagliate a piccoli pezzi tenendo conto del tempo di cottura, della morbidezza e della croccantezza da ottenere. Le carni saranno preparate e tagliate con attenzione, nella fettina di lombo, dopo averla battuta, si potrà stendere una fettina di lardo o di pancetta e una foglia di salvia nostrana infine arrotolato con cura; se si utilizza la coppa si può evitare di unire il lardo. Le carni andranno infilzate sulle bacchette alternate le une alle altre da foglie di salvia e, nelle zone che lo prevedono, da pollo, coniglio, patate. La spiedata potrà essere preparata anche il giorno precedente e poi conservata in celle frigorifere a temperatura positiva, sarà cura del ristoratore togliere dalla cella la carne qualche tempo prima di iniziarla a cuocere in modo che raggiunga la temperatura ambiente.

Il classico mombulì o mombolino © ph. Matteo Marioli

5. Gli uccellini.
Sia chiaro subito che si devono rispettare le normative stabilite dalle leggi vigenti, che proteggono le specie volatili e vietano l’utilizzo di selvaggina da piuma proveniente dalla attività venatoria. Se si utilizzano uccellini permessi essi andranno accuratamente selezionati per qualità, innanzitutto e per dimensione, se sono piccoli si può prevedere anche di cuocerli in padella o di sistemarli all’inizio o alla fine della spiedata, in modo da poter governare meglio la loro cottura. Gli uccellini molto piccoli possono anche non essere puliti dalle interiora ma solo spennati, bruciacchiati, privati degli occhi e delle zampine.

6. La prima fase.
Si dispongono le bacchette nei loro alveoli atti a sostenerle divisi dalle crociere di sostegno dislocate sulle bacchette a distanza regolare secondo la lunghezza delle stesse. Si comincia a farlo girare con il motorino e con gli appositi congegni inventati nei secoli dagli uomini. Si depositano sotto lo spiedo le braci vive in modo che, se ci sono, gli uccellini irrigidiscano il collo evitando alle teste di cadere. Si continua poi a braci medie per il tempo necessario alla cottura condendo le carni con il condimento prescelto.
Il tempo dipende da molti fattori: il taglio delle carni in piccole o medie pezzature; dal tipo di spiedo, se posto direttamente di fronte al camino ad assorbire profumi di antichi spiedi, oppure nella macchina detta “tamburo” secondo la conduzione dello spiedatore se, ad esempio viene tenuta chiusa o aperta.

Lo spiedo © ph. Matteo Marioli

7. La salatura e gli aromi.
La salatura deve avvenire con sale marino fino, solitamente attorno a metà cottura e può avvenire anche in più fasi. Per aromatizzare le carni dello spiedo si possono utilizzare vegetali naturali della zona quali rametti di rosmarino, di salvia o bacche di ginepro che possono essere usate come piccoli pennelli (la salvia e il rosmarino non trattati) o inserite nel grasso di condimento.

8. La seconda fase.
Dopo la salatura, lo spiedo va condito ancora con il burro che può essere fuso lentamente sul fuoco o distribuito a pezzetti nell’apposito coperchio bucherellato del tamburo.
Non c’è prodotto migliore del burro che deve essere di ottima qualità, ottimo quello delle malghe bresciane. Ha il compito di dare un profumo speciale al nostro spiedo.Va distribuito con competenza.
Si continua in questa fase la cottura e si introduce, al di sotto dello spiedo che gira, la leccarda atta a raccogliere il burro che scende al di sotto delle carni che girano. Se si desidera può essere prevista una seconda salatura.
In alcune zone vicine al lago di Garda il condimento burro può essere miscelato con olio d’oliva locale.
Prima della fine della cottura si possono distribuire delle braci calde per dare una coloritura alle carni.

Il condimento © ph. Matteo Marioli

9. Gli accompagnamenti.
Lo spiedo è un piatto che ha bisogno, vista la ricchezza dei componenti, di pochi accompagnamenti.
Innanzitutto è d’obbligo la polenta che deve essere fatta con farina di mais di prima qualità, bramata, fioretto o integrale ricercata tra le produzioni locali fra i migliori produttori. La polenta deve essere cotta a lungo nell’apposito recipiente e servita con lo spiedo e il suo prezioso condimento. (Leggi il nostro articolo per preparare la polenta o guarda la videostoria dedicata ai mais bresciani)
Altro accompagnamento ideale è l’insalatina mista possibilmente spontanea o di orti casalinghi.
Se vi sono le patate non ci sarà bisogno di valorizzarle in quanto ci penseranno i bambini a farle fuori.

La minestra sporca © ph. Matteo Marioli

A precedere lo spiedo si sconsigliano vivamente appetitosi antipasti e primi abbondanti, bastano due fette di salame artigianale e una scodella di minestra sporca (fatta cioè con le rigaglie di pollo).

10. Il servizio in tavola.
Lo spiedo va servito caldo in appositi piatti di servizio nelle giuste proporzioni, la polenta in taglieri, ciotole o piatti concavi, il burro in apposite ciotoline. In altri contenitori vi sarà l’insalata mista con le apposite posate di servizio. I piatti devono essere portati in tavola caldi.
Allo spiedo devono essere abbinati i vini adeguati scelti tra i vini rossi locali delle zone DOC di Botticino, Garda, Capriano del Colle, Cellatica e Franciacorta. (Leggi quale abbinamento abbiamo provato e scelto per voi). Se si preferisce l’acqua minerale si scelgano le acque della nostra provincia leggermente gassate.

Lo spiedo con polenta della Trattoria dell’Angelo di Gussago © ph. Matteo Marioli

 

 

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