@ ph. Matteo Marioli

Storia e leggende di una spezia antica

Donna che raccoglie zaferano. Un particolare dell’affresco esposto al Palazzo di Cnosso

Nei secoli passati lo zafferanno era tanto prezioso da essere usato come valuta di scambio, anche più pregiata dell’oro. Chi veniva scoperto ad alternarne la purezza incorreva in punizioni severissime che potevano addirittura arrivare alla pena di morte.
Anche per queste ragioni la storia dello zafferano, del suo commercio e dei suoi impieghi è davvero affascinante.
Il suo uso e la sua diffusione sono documentate in tutte le civiltà antiche anche se non si sa chi abbia iniziato per primo a coltivarlo: affreschi provenienti dal palazzo di Cnosso e dall’antica isola di Thera (oggi Santorini) documentano la raccolta dello zafferano nell’area mediterranea del secondo millennio avanti Cristo; viene citato nel Cantico dei Cantici e in numerose opere di autori Greci e Latini. Plinio scrive che i Fenici lo usavano per tingere stoffe che poi esportavano in tutto il Mediterraneo. Omero nell’Iliade descrive il talamo nuziale di di  Zeus cosparso di fiori di zafferano, mentre Isocrate secondo la leggenda li usava per profumare i cuscini del suo letto. Non solo sono documentati usi medicinali e cosmetici, come afrodisiaco, per cerimonie religiose e per insaporire cibi e bevande.
Insomma la coltivazione, la commercializzazione e l’impiego dello zafferano erano diffusissimi nel mondo antico. La caduta dell’Impero romano ne segnano una battuta d’arresto almeno nell’area europea fino a quando gli arabi lo reintrodussero in Spagna dove è ingrediente essenziale per la paella e la sua coltivazione è ampiamente praticata ancora oggi.

L’oro rosso @ ph. Matteo Marioli

Sul finire del Duecento i bulbi di Crocus stativus arrivarono dalla penisola iberica in Italia con il padre domenicano Domenico Santucci che ne introdusse la coltivazione nella piana di Navelli. Da lì si diffuse nel territorio aquilano facendone, dal medioevo fino all’età moderna, un centro di primaria importanza per la produzione dello zafferano. Appena fondata, la città dell’Aquila divenne punto di partenza di un floridissimo commercio con città europee (Francoforte, Marsiglia, Vienna, Norimberga, Augusta) e italiane.
Capofila della mercatura, inutile quasi dirlo, era la Repubblica di Venezia dove esisteva un ufficio dedicato solo alla commercializzazione della preziosa spezia giallo oro, ma anche Milano era una piazza importante. Ed è proprio nella città meneghina che lo zafferano colora e insaporisce uno dei piatti più noti della cucina tradizionale italiana: il risotto alla milanese.  Anche in questo caso trattandosi dell’ “oro rosso” non possono mancare, per ricostruirne le origini, racconti con il sapore delle leggende e dei miti.
Il più noto lega la nascita del “risotto giallo” al cantiere del Duomo dove nell’ultimo quarto del Cinquecento operava il mastro vetraio Valerio di Fiandra. Con lui lavorava un apprendista soprannominato Zafferano per la sua abitudine di mescolare ai colori usati per le vetrate un pizzico della spezia pregiata in modo da ottenere tinte più brillanti e calde. In occasione del matrimonio della figlia del suo maestro Valerio – celebrato l’8 settembre 1574 – il nostro apprendista Zafferano aggiunge l’”oro rosso” non alle vetrate, ma al risotto destinato al banchetto nuziale. Il piatto arricchito dall’aroma e dal colore dello zafferanno fu molto apprezzato dai commensali e replicato per i secoli a venire.
Anche un’altra leggenda sull’origine di questo risotto è curiosamente legata al mondo della produzione artistica: un cuoco abruzzese emigrato a Milano in tempo di carestia era costretto a servire ai suoi clienti solo del riso bollito fino al giorno in cui un pittore squattrinato gli diede in pagamento una piccola quantità di zafferano. Il cuoco lo aggiunse al riso e i clienti ne furono entusiasti rendendolo ricco e famoso.
Questi racconti sembrano fatti apposta per riassumere le qualità della spezia: il suo essere preziosa come l’oro, il suo colore straordinario, il suo sapore inconfondibile.

Fiore e stigmi di zafferano @ ph. Matteo Marioli
Due bulbi di Crocus sativus @ ph. Matteo Marioli

LO SAPEVATE CHE
La mitologia greca propone ben due narrazioni dedicate all’origine del Crocus sativus. Il primo mito vuole che Krocos sia un giovane mortale innamorato della ninfa Smilace che era la favorita di Ermes. Il dio, geloso di Krocos, lo punì trasformandolo nel fiore da cui si ricava lo zafferanno. Nel secondo racconto, invece, Krocos è un giovane amico di Mercurio. Il dio lo uccide involontariamente e, per ricordarlo, tinge con il sangue della vittima gli stimmi del bellissimo fiore dello zafferano. Per questo gli antichi greci usavano deporre un fiore di crocus sulle tombe degli amanti morti per amore.
– Lo zafferano era un ingrediente usato non solo per tingere, ma anche per dipingere. Unito a colle e leganti che ne contrastavano l’idrosolubilità si usava per miniare, per colorare le lamine di metallo e farle sembrare d’oro e qualora si volesse ottenere la tonalità calda del giallo oro.

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