Il_Quinto_Quarto_Rovato_1

Sulla via del mercato

Che siano buoi, mucche o pecore, gli animali da allevamento hanno avuto un ruolo primario nella quotidianità storica della comunità di Rovato. Sono più d’una le fonti che documentano come nella campagna intorno al borgo si allevavano floridi e ben pasciuti buoi. La loro vendita, insieme a quella dei capi portati dagli allevatori delle valli vicine, ai prodotti agricoli e caseari, ha generato ricchezza e dato vita a quello che era un vero e proprio “paese – mercato”, favorito anche dalla posizione geografica strategica fra importanti vie di comunicazione.

Non c’è da stupirsi, dunque, che la mercatura stessa abbia qualificato spazi che possano costituire le tappe di un piccolo itinerario storico artistico del paese franciacortino.
Non esaustivo, ma certamente calzante per gli amanti del Manzo all’olio.

Veduta di Rovato dal Monte Orfano @ ph. Matteo Marioli

Seguendo, dunque, il percorso che porta dal mercato alla tavola, saliamo sulla cima del Monte Orfano, qui c’è la piccola chiesa altomedievale di San Michele.

Un particolare della Chiesa di san Michele © ph. Antonio Raccagni

Secondo la tradizione, lo scambio di animali e prodotti agricoli sul suo sagrato avrebbe dato origine al mercato di Rovato. Era l’epoca dei Longobardi quando il centro abitato era arroccato sulla cima del colle. Dell’antico edificio religioso non restano tracce evidenti se non la dedicazione al Santo patrono del popolo longobardo. Come spesso accade le forme architettoniche mutano adeguandosi alle esigenze e ai gusti del tempo: l’abside attuale èdatabile fra IX e X secolo, mentre l’aula unica con la copertura a capriate lignee così come gli affreschi, rispecchiano la cultura artistica del Quattrocento come è ben esemplificato anche nella Natività che si trovano nell’abside.
I vivaci accostamenti cromatici e i panneggi “a cartoccio” che si raccolgono ai piedi di San Giuseppe e della Madonna si accompagnano ad una curiosa  rappresentazione di un affollato recinto di pecore che, secondo alcuni, sarebbe la prova della collocazione del primo mercato in San Michele. Un’idea forse un po’ azzardata visto l’ampio arco temporale trascorso fra l’epoca longobarda e gli ultimi decenni del Quattrocento quando il dipinto viene realizzato; è più probabile, invece, che il vivace gregge di pecore protetto dal recinto dettagliatamente descritto abbia un legame con il vero raffigurando ciò che il pittore vedeva nella campagna circostante il Monte Orfano.

La Chiesa di San Michele © ph. Daniele P.

Con la fine dei regni barbarici e l’approssimarsi dell’XI secolo, l’abitato si sposta in basso appoggiandosi alle pendici del monte e allungandosi verso la pianura. Non è difficile supporre che, già, in quell’epoca il mercato si sia spostato insieme al borgo ed abbia trovato riparo all’interno della mura e all’ombra del Castello che già, in epoca comunale, caratterizzavano Rovato.

Via Bonomelli @ ph. Comune di Rovato

Nella prima metà del Quattrocento la comunità gode di diverse esenzioni commerciali e quando, nel 1440, la Repubblica di Venezia riordina fiere e mercati quello di Rovato è fra i pochi ad essere preservato. A quel tempo il mercato dei prodotti agricoli e dei prodotti alimentari – diremmo oggi –  si teneva in piazza Carampane (oggi area della scuola primaria), mentre la vendita del bestiame  si organizza intorno ad una piazza allungata che prende il nome di Contrada Longa (ora via Bonomelli): nello spazio vuoto centrale si fronteggiavano due file di animali, intorno crescono gli edifici che ospitano opifici e  botteghe, chiuse e riaperte a più riprese fra il 1478 e il 1479 nel tentativo di contenere la diffusione dell’epidemia di peste che, in quegli anni dilagava, nel territorio bresciano. Una situazione tragica di stringente attualità che volge fortunatamente in positivo nel giro di un paio d’anni  se già nel 1480 si ricostruisce il Castello e nel 1517 la Repubblica di Venezia riconosce a Rovato il privilegio di tenere il mercato ogni settimana. Si sancisce così la nascita ufficiale del Mercato del lunedì che nel XIX secolo si organizza in nuovi spazi. Il mercato del bestiame viene spostato prima in piazza Carampane (1802) e poi al Foro Boario (1910), mentre quello degli altri settori merceologici ruota intono all’attuale Piazza Cavour.

La creazione di questo importante spazio pubblico che comporta la distruzione di alcune strutture medievali e in particolare di uno dei rivellini di accesso al borgo fortificato è frutto della ventata di modernità che soffia sull’urbanistica ottocentesca. Su iniziativa del prevosto Carlo Angelini  a Rovato viene chiamato Rodolfo Vantini, uno degli architetti che seppe meglio interpretare il neoclassicismo lombardo. Tra luglio e settembre del 1840, in soli diciotto giorni Vantini stende il progetto che in due anni viene realizzato, divenendo una delle sue opere più compiute. L’invaso vuoto della piazza è qualificato dalla pavimentazione acciottolata e definito da due ali porticate disposte ad emiciclo.

L’arco passante © ph. Matteo Marioli

A raccordarle c’è un grande arco passante. Il linguaggio dell’architettura impiegata non può che essere quello della cultura romana: gli archi a tutto sesto, l’elegante bugnato piatto cha dà unità al prospetto, l’arco centrale che, fatta eccezione per il frontone, ripropone il modello dell’arco trionfale. Vantini non limita il suo recupero allo stile della classicità, ma lo estende anche al suo spirito che vuole uno stretto legame fra forma e funzione. Come nel foro cittadino, i portici davano accesso alle tabernae – le botteghe – anche a Rovato in corrispondenza di ciascun arcata ci sono l’ingresso e lo spazio di un negozio e ciascuno è dotato di un retrobottega e di un magazzino interrato. Al piano superiore, invece, trovano posto le abitazioni dei commercianti con la pertinenza di un piccolo cortile che fa da diaframma fra la piazza ottocentesca e il borgo più antico . E’ la stessa funzione che svolge, in chiave monumentale,  l’arco passante che rinnova l’idea della porta urbana e al tempo stesso conduce nel cuore religioso della cittadina e nel tessuto medievale creando passaggio e continuità, la stessa che ci porta dal mercato longobardo ai contemporanei mercati di Rovato che restano un punto di riferimento per la provincia bresciana.

 

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