Il Quinto Quarto Pinacoteca di Brescia quadri foto Marioli

Quando il granoturco aiuta a datare un dipinto

Nella quattordicesima sala della Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia fanno bella mostra di sé quattro grandi tele che raffigurano le stagioni alla maniera dell’Arcimboldo. Questo significa che l’anatomia delle personificazioni di Primavera, Estate, Autunno, Inverno è composta e definita esclusivamente da fiori, frutta, ortaggi e prodotti agricoli in generale.
La primavera, per esempio, è un tripudio di fiori di varie specie che fanno il viso, il collo, le cosce, mentre mazzetti di asparagi creano gli avambracci e le mani e cespi di lattuga fanno da spalle. L’inverno, povero di prodotti, si deve accontentare di cavoli e cavolfiori, aglio, cipolle e rape ma ha un bel cedro a far da piede.

Esterni Pinacoteca Tosio Martinengo © ph. Matteo Marioli

Questo genere pittorico fa leva sul piacere di stupire e meravigliare, su un certo spirito ironico e irreverente tipico della cultura barocca, ma anche sul rinato interesse per la classificazione e le conoscenze scientifiche del Rinascimento ed ha in Giuseppe Arcimboldo (Milano 1527 – 1593) il suo interprete più geniale. Di origine e formazione milanese lavorò presso le corti asburgiche di Praga e Vienna dove servì, anche come pittore di corte, gli imperatori Ferdinando I, Massimiliano II e Rodolfo II. E’ qui che diede vita ad alcuni dei suoi capolavori: le serie della quattro stagioni, dei quattro elementi (acqua, aria, terra, fuoco) o il Vertumnno ovvero il ritratto di Rodolfo II d’Asburgo in veste del dio romano delle stagioni.

Le invenzioni dell’Arcimboldi diedero vita a un vero e proprio gusto per questo genere di dipinti, vitale e vivace per tutto il XVII secolo.
E’ in questo contesto che si inseriscono le opere conservate a Brescia. Rispetto ai prototipi dell’Arcimboldo che crea ritratti a mezzobusto su fondo scuro, qui le figure sono intere e, alle loro spalle, hanno paesaggi ricchi di dettagli. Sono opere misteriose sia per quanto concerne l’autore che è stato di recente identificato in Antonio Rasio, sia per quanto riguarda la datazione.

Brescia, “Autunno” di Antonio Rasio © ph. archivio fotografico Fondazione Brescia Musei foto: Fotostudio Rapuzzi Brescia

Ed è proprio per dirimere la questione dell’età dei nostri dipinti che entra in gioco, con un ruolo da protagonista, il mais o granoturco che dir si voglia. Nella figura dell’Autunno si contano, infatti, sette pannocchie: servono per comporre le braccia e le cosce, sembra quasi che il pittore le usi per farne l’ossatura. Una presenza così massiccia di granoturco ha fatto pensare che il dipinto sia stato realizzato dopo il 1630, anno in cui è documentata una diffusione consistente della sua coltivazione nel territorio bresciano.

“Autunno” di Antonio Rasio, un particolare       © ph. archivio fotografico Fondazione Brescia Musei foto: Fotostudio Rapuzzi Brescia

Fino a questa data, infatti, il cereale importato dalle “Americhe” si era diffuso con lentezza: veniva piantato negli orti e usato per nutrire gli animali, in Lombardia ne è attestato l’uso per l’alimentazione umana già a metà del Cinquecento ma è solo dopo la grande epidemia di peste del 1630 e la conseguente carestia che se ne vede l’impiego su larga scala.

Insieme ai confronti con altri dipinti e a considerazioni di carattere squisitamente stilistico, questo dato cronologico è stato, dunque, il punto di partenza per stabilire che le Quattro stagioni della Pinacoteca Tosio Martinengo furono dipinte intorno alla metà del Seicento.

 

“Autunno” di Antonio Rasio, un particolare  © ph. archivio fotografico Fondazione Brescia Musei foto: Fotostudio Rapuzzi Brescia

 

Lo sapevi che

La serie delle quattro stagioni proviene dalla Parrocchia di San Lorenzo di Verolanuova e l’ha acquistata nel 1952 il Comune di Brescia perché fosse esposta in Pinacoteca. Resta da capire come dei dipinti di questo soggetto siano entrati a far parte del patrimonio artistico di una parrocchia. Probabilmente furono donati o lasciati in eredità da una famiglia nobile del paese stesso o del territorio circostante oppure avrebbero potuto far parte della collezione privata di uno dei parroci, dal gusto moderno e raffinato, che servirono la parrocchia di Verolanuova fra Seicento e Settecento.

Nelle tele di Antonio Rasio il ciclo vitale delle stagioni e delle specie vegetali sembra essere accompagnato anche da quello del mondo animale: nella tela della Primavera, infatti, compare una pecora che stata interpretata come simbolo della stagione riproduttiva degli animali, nell’estate una coppia di anatre –evidentemente maschio e femmina visto il diverso colore del piumaggio – cova per portare a compimento il ciclo riproduttivo, in autunno una civetta notturna e solitaria ne segna la fine. Nella raffigurazione della Primavera vengono usati fra gli altri fiori anche i tulipani. Portati dalla Turchia in Europa nella seconda metà del Cinquecento, erano coltivati soprattutto nei Paesi Bassi ed erano pregiatissimi e molto ricercati come oggetto da collezione al punto che, storicamente, si parla di “Tulipomania”. I bulbi erano addirittura oggetto di grossi investimenti economici e speculazioni. La loro compravendita dà origine, nel 1637, alla prima grande crisi finanziaria europea.

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