@ ph. Valentina Fusi

Il chiodo d’oro, autentico tesoro bresciano

Silvano Nember

Silvano Nember, consulente di enogastronomia appassionato di montagna, profondo conoscitore del territorio bresciano, scrittore e collaboratore storico di Vini & Cucina Bresciana. Ecco qui di seguito un abstract del suo articolo,  che potrete leggere integralmente nella versione cartacea sull’ultimo numero di V&C Bresciana (n. 107/2022-23) in cui nel suo girovagare per la provincia bresciana racconta una delle valli resilienti bresciane la Val Sabbia per la quale, insieme alla Valtrompia, il tesoro principale è rappresentato dal lavoro secolare delle genti che vi si sono insediate sin dall’antichità.

(…) La laboriosità di valtrumplini e valsabbini ha originato aneddoti e dicerie che ancora resistono, “ogni casa un’officina”, ne hanno segnato il paesaggio e l’ambiente, determinato la ricchezza.
Non mancano luoghi particolari e curiosità di cui parleremo
(…) In Valle Sabbia troviamo piccole e medie imprese nella metallurgia, nella meccanica, nella produzione di semilavorati e manufatti per l’edilizia e nell’artigianato agroalimentare. Le valli bresciane vantano una storia di forti insediamenti industriali nella meccanica e nella siderurgia, fonderie e ferriere, che ne hanno caratterizzato lo sviluppo e determinato quel complesso di migliaia di piccole imprese che ne rappresentano l’essenza.
La crisi della siderurgia dell’ultimo quarto del secolo scorso con la chiusura di diversi insediamenti, come avvenuto per la Falck di Vobarno, ha costretto queste comunità a riconvertirsi e riprogrammare i territori facendo leva sull’operosità e l’intraprendenza delle popolazioni che hanno fatto tesoro dell’esperienza industriale per intraprendere una strada di nuovo sviluppo basato sull’artigianato di qualità, sul terziario, sul ritorno all’economia primaria, sul turismo di prossimità. È in questi ambienti che abbiamo intrapreso le nostre passeggiate alla ricerca di luoghi insoliti che possono suscitare interesse e curiosità.
Cominciamo da Bagolino. Frequentato da molti turisti è vanto degli abitanti che fanno parte dei diversi gruppi che nell’arco di più giornate partecipano ai vari rituali carnevaleschi (leggi qui il nostro articolo che parla del comune e delle sue bellezze).
Ma è su un aspetto poco conosciuto che vogliamo portare l’attenzione dei nostri lettori.

Il chiodo d’oro di Bagolini ph.© Silvano Nember

Il Chiodo d’Oro
Una curiosità che fa di Bagolino un luogo unico nel panorama ambientale alpino.
E’ qui infatti che è stato identificato un sito geologico di importanza mondiale per leggere l’evoluzione della terra. Il sito di Romanterra, accessibile da un antico ponte che permette di superare il fiume, è stato scelto dalla Commissione Internazionale di Stratigrafia come punto di riferimento per il limite tra i piani rocciosi: Anisico (237 – 245 mil. di anni fa) e Ladinico (228 – 237 mil. di anni fa) nella scala dei tempi geologici in cui sono suddivisi gli stadi stratigrafici del Triassico medio quando la terra era costituita da un unico grande supercontinente chiamato Pangea attorniato dal grande oceano Pantalassa.
In termini più agevoli per chi non si occupa di geologia è un luogo ove possiamo leggere la storia del nostro globo. Qui è stato collocato il Chiodo d’Oro (golden spike) che indica la posizione esatta del limite fra i due periodi. Il punto rientra fra i circa ottanta riconosciuti nel mondo di cui una decina in Italia, tra questi appunto quello di Bagolino, dove gli affioramenti rocciosi e le composizioni fossili permettono di effettuare una datazione precisa.
A ciò si deve aggiungere che il riconoscimento viene assegnato solo a quei luoghi che rientrano in una serie di requisiti tra cui la libera accessibilità, la possibilità di fare ricerca scientifica, dove non vi siano pericoli di frane, dove sia evidente la correlazione sratrigrafica con altre località del mondo e la esatta definizione radiometrica del limite.

ph.© Silvano Nember

Queste condizioni nel sito di Romanterra, dal nome è facile desumere che era frequentato già in epoca romana, sono presenti. Per questo nel 2005, dopo oltre vent’anni di studi e verifiche, è stato assegnato il Chiodo d’Oro.
Qui sono stati ritrovati fossili marini tra cui brachiopodi, ammonoidi e gusci bivalvi, utili per stabilire l’età degli strati; rocce di diversa formazione magmatica e di origine vulcanica; individuato un vulcano del Triassico nella zona di Montecampione, ad attestare come la nascita dei continenti sia originata da una drammatica evoluzione. Il sito è liberamente accessibile attraverso un breve percorso in cui alcuni cartelli consentono di comprendere l’origine delle formazioni rocciose e spiegano i motivi che hanno portato al riconoscimento. Il sentiero è completato da molti massi identificati e classificati che raccontano la composizione delle nostre montagne.
Ci sono granodioriti adamelline, dioriti del Cornone di Blumone, tonaliti del lago della Vacca, marmi calcarei della Corna Blacca.
Una passeggiata che ci permette di accedere ad un autentico tesoro bresciano, in un ambiente estremamente suggestivo. È possibile scendere anche nel greto del fiume per ammirare la formazione degli strati rocciosi e vedere il punto esatto in cui è collocato il Chiodo d’Oro anche se ci permettiamo di consigliare di avvisare il Comune della visita e di non farlo da soli.  (…)

LO SAPEVATE CHE Botteghe di montagna è un progetto che ha l’obiettivo di valorizzare il ruolo degli esercizi di vicinato nelle piccole frazioni e borghi montani. Un progetto di cooperazione, proposto dai GAL (gruppo di azione locale) bresciani e bergamaschi, che intende innescare processi di sviluppo attraverso le botteghe – “dove il lavoro è passione e si tiene aperto con coraggio” – cercando di perseguirne uno scenario di sviluppo possibile. Come? Sostenendo e rafforzando le attività degli operatori nei prossimi diue anni e, tramite un’accurata azione di animazione, contribuire alla ricerca di soluzioni riconoscendo, ovunque possibile, l’importanza multifunzionale e il marcato ruolo sociale delle botteghe di montagna. In altri termini il progetto intende rilanciare il piccolo commercio in aree marginali, cercando di porli al centro di nuovi processi si sviluppo locale.  Del resto ci vuole poco per capire che se i negozi muoiono, lo stesso accade alla montagna.

 

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