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Innovare sì, ma nella tradizione

Le trippe © ph. Matteo Marioli

W LA TRIPPA!
Nasce come piatto povero, principalmente come scarto della macellazione di bovini, eppure oggi è un ingrediente molto ricercato e protagonista di molte ricette.
Anche se è un piatto famoso della tradizione bresciana, magari qualcuno non l’ha mai assaggiata, quindi partiamo dall’inizio e andiamo a presentarla.

UN PO’ DI STORIA
In Lombardia, fino alla prima metà del Novecento, difficilmente i tagli pregiati comparivano sulle tavole delle classi povere, perché troppo costosi e quindi destinati e venduti a chi poteva permetterseli. Così la fantasia delle massaie lombarde ha regalato alla gastronomia contadina piatti semplici e gustosi diventati col tempo vere e proprie pietre miliari della tradizione culinaria lombarda.
Ricette semplici nate, prima di tutto, dalla necessità di alternare una dieta povera che allora era costituita prevalentemente da polenta, ortaggi e riso oltre a dalla varietà della materia prima a disposizione, ricavata del famoso quinto quarto e cioè tutto ciò che non rientra nei quattro tagli principali (anteriori e posteriori) dell’animale. Le massaie quindi, utilizzando i pezzi delle parti scartate sia dei suini che dei bovini, diedero vita a piatti di grande gusto e sapore. Uno di questi è senza dubbio la trippa.

LE TRIPPE, non una… ma quattro
Prima di tutto è meglio specificare che la trippa è lo stomaco dei bovini e non, come alcuni pensano, l’intestino.
Negli animali adulti lo stomaco è composto da quattro cavità distinte: tre pre-stomaci di origine esofagea (rumine, reticolo e omaso) e lo stomaco ghiandolare (abomaso).
Il rumine (o croce) è la parte più spessa, grossa e grassa della trippa e rappresenta l’80% di tutto lo stomaco dell’animale. Dal sapore poco aggressivo.
Il reticolo è la parte più spugnosa della trippa. Visivamente è a forma di cuffia, dalla superficie retata. La consistenza dopo la cottura risulta callosa mentre il sapore è delicato.
L’omaso (o foiolo) è la parte più magra, con una struttura lamellare a pieghe bianche.
L’abomaso (o Lampredotto) è il “vero” stomaco dell’animale, è la parte più vicina all’intestino e si divide in gala (magra e friabile) e spannocchia (più grassa e gelatinosa).
Il rumine e il reticolo sono le parti maggiormente utilizzate per le ricette più comuni della trippa. L’omaso viene utilizzato per la versione in umido con abbondante pomodoro. Il foiolo in umido è molto diffuso nel milanese (“busecca”).
L’abomaso è la base del Lampredotto fiorentino, tipico street-food, composto da questa parte della trippa bollita nel brodo con pomodoro e verdure che poi, tagliata a pezzetti, viene inserita come ripieno in un panino condito con salsa verde al prezzemolo.

ECCO COME PULIRE LA TRIPPA
Partiamo dai fondamentali: per essere gustata al meglio la trippa deve essere fresca e genuina.
Va pulita e lavata molto accuratamente e cotta a lungo. Oggi la cucina veloce, è una necessità e in alcune macellerie viene venduta già lavata e parzialmente cotta, ma in ogni caso richiede poi un ulteriore tempo di cottura, sia per acquisire la giusta morbidezza sia per potersi impregnare degli aromi che le conferiscono il suo caratteristico sapore appetitoso.
Fate comunque attenzione perché se è troppo bianca, significa che è stata passata nella polvere di calce per renderla pulita con meno fatica e più infretta,  ma la carne risulta impoverita. Preferitela color avorio, per essere certi che non sia stata trattata con agenti aggressivi.
Per evitare che rimangano residui, che conferirebbero un sapore sgradevole, potete pulirla utilizzando acqua e aceto e, in aggiunta, bagnarla anche con un po’ di vino bianco secco, durante la preparazione.

Trippa, il gusto della semplicità © ph. Matteo Marioli

TANTO GUSTO E PROFUMO, ECCO LA TRIPPA ALLA BRESCIANA
Nelle cucine lombarde il trionfo delle trippe si celebra nel periodo invernale. L’uso in cucina è antichissimo e molto vario; già i Greci la cucinavano alla brace e i Romani la usavano per fare le salsicce.
Un tempo nel bresciano si serviva in apposite tazze di terracotta con piedino, non troppo grandi per mantenere la trippa ben calda.
Nelle osterie le trippe erano sempre pronte e venivano consumate a metà mattina come intervallo dal lavoro o per fare due chiacchiere e bere un bicchiere consolatore. Un piatto che costava pochissimo, ma che scaldava e ridava energie come nessun altro.
Ogni provincia lombarda e anche Brescia, ha la sua versione particolare di preparazione e come per ogni ricetta tramandata da madre a figlia a nipote ciascun paese, di ciascuna provincia, ha la propria variante e un tempo era protagonista del menu del Natale e delle grandi occasioni.
La tradizione bresciana prevede due versioni, in brodo ( quella classica) oppure in umido, entrambe da provare almeno una volta nella vita.
Per le dosi vanno calcolati mediamente 120 g di trippa per porzione.
Ora passiamo alla ricetta della Trippa in brodo alla Bresciana (che trovate pubblicata anche su Vini & Cucina Bresciana) del ristorante Trattoria Mezzeria di Brescia che da generazioni accompagna i bresciani in un viaggio alla scoperta cucina tipica bresciana e delle tradizioni lombarde.

La trippa in brodo © ph. Matteo Marioli

TRIPPA IN BRODO ALLA BRESCIANA
INGREDIENTI per 6 persone
• 1 kg trippa ben pulita e lavata
• 1 cucchiaio concentrato pomodoro
• 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva • 1 cucchiaio burro
• 90 g carote
• 40 g sedano
• 200 g cipolle
• Peperoncino q.b.
• 1 una punta di aglio
• 100 ml vino bianco
• 100 g pomodori pelati
• Sale q.b.
• Pizzico di zucchero
• 3 litri di acqua

 

PROCEDIMENTO
Per prima cosa lavate e pulite per bene la trippa. Scolatela, lessatela in abbondante acqua leggermente salata per circa 15 minuti. Scolatela ancora e fatela leggermente asciugare. A questo punto, tagliate la trippa a listarelle larghe circa quanto una tagliatella o a piacere anche più sottili. In una capiente pentola, versate l’olio extravergine d’oliva, aggiungete il burro, le cipolle finemente tagliate; aggiungete anche il concentrato di pomodoro, una punta di aglio e un pizzico di peperoncino. Fate cuocere il tutto per 5 minuti a fuoco lento, fatto questo, versate il vino bianco e 100 ml di acqua, proseguite la cottura sempre a fuoco lento per altri 5 minuti. Togliete dal fuoco e frullate il tutto con un frullatore a immersione fino a ottenere una crema.
Rimettete la pentola sul fuoco, aggiungete circa 3 litri di acqua, la trippa tagliata in precedenza, i pomodori pelati con la sua salsa, un pizzico di zucchero, le carote e il sedano tagliati a tocchetti. A questo punto portate a termine la cottura della trippa facendo cuocere per almeno 3 ore mescolando ogni tanto per evitare che la trippa si rapprenda. Servire ben calda in scodella, con un filo di olio extravergine di oliva finale e formaggio grana grattugiato.

 

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