© ph. Matteo Marioli

Anna Gerasi, la regina del cioccolato

Anna Gerasi © ph. Matteo Marioli

Entusiasticamente decisa. Definirei così Anna Gerasi.
Perché quando parla del suo lavoro, del suo mondo fatto di cioccolato, la direzione è chiara e non lascia spazio all’incertezza.
L’abbiamo incontrata nel suo laboratorio alle porte della città, proprio lì dove poco prima del nostro arrivo stava sistemando alcuni dettagli all’ultima scultura realizzata e modellata interamente a mano insieme a Damiano Carrara. Un bellissimo e imponente drago rosa realizzato in occasione del Sigep di Rimini. Un aroma di spezie e cioccolato riempie gli spazi e rapisce i sensi, mentre Anna ci accoglie con un sorriso e inizia di getto il suo racconto: la famiglia, le origini, il successo internazionale, i progetti futuri.

Il drago rosa di cioccolato © ph. Matteo Marioli

Una donna piena di energia positiva, visone e talento. Bresciana, 45 anni, diplomata e laureata in belle arti, dove ha appreso le tecniche scultoree, madre di due ragazze grandi, imprenditrice e artigiana del cioccolato. Quando non è al lavoro si rigenera sulle colline dei Campiani insieme al compagno a produrre miele.
Ha saputo affermarsi, con coraggio e caparbietà, mostrando al mondo che non esistono limiti di genere quando si parla di impegno, creatività e attenzione alla qualità dei prodotti.

Il sistema solare formato praline! © ph. Matteo Marioli

Un mix vincente che le ha permesso di diventare un esempio a livello internazionale di come il cioccolato possa essere trasformato in un’arte e di come le donne possono avere successo in un settore tradizionalmente maschile.
Lo ha dimostrato pochi mesi fa a Pollenzo, in provincia di Cuneo. Unica donna presente al contest italiano superando gli altri sei mastri cioccolatieri classificandosi prima e conquistando il titolo di Chocolate Master d’Italia. Ha rappresentato il nostro Paese a Parigi nella finale del World Chocolate Master 2022, la più importante competizione mondiale del settore. Non era mai accaduto prima. Ha incantato la giuria di esperti con le sue prelibatezze al cioccolato fatte con materie prime fresche esclusivamente vegetali e con una quantità minima di zucchero di canna biologico.
In Francia ha ottenuto un quarto posto di tutto rispetto e ancora una volta era unico mâitre chocolatier donna in competizione su diciotto concorrenti provenienti da tutto il mondo.   Qui il link al video della competizione
Anna è la pastry chef , insieme al fratello Gianpaolo, della storica Pasticceria Piccinelli fondata a Brescia dalla sua famiglia nel 1862, dove oggi l’ingrediente più genuino prima di tutti è lei.
L’entusiasmo e la passione che riesce a trasmettere in tutto quello che fa, lo studio e l’aggiornamento continuo l’hanno portata a creare delle vere e proprie opere d’arte del cioccolato, che vanno dalle classiche praline alle creazioni più originali.

pasticceria © ph. Matteo Marioli

Ecco che cosa ha raccontato Anna Gerasi al nostro blog intervista pubblicata anche su Vini & Cucina Bresciana.

D. Partiamo da qui, Anna, dal tuo ultimo successo. Che cosa hai provato?
R. «Non si può esprimere un’emozione così a parole, è stata un’esperienza molto appagante per la mia crescita professionale e difficile al tempo stesso. Sono stati due anni impegnativi non solo per me, anche per la mia famiglia che mia ha sostenuta. Due anni di allenamento continuo. Perché non si ottiene nessun risultato se non hai costanza e se non ti metti alla prova. Anche se sei bravo non puoi permetterti di improvvisare perché durante la gara bisogna saper gestire oltre la forte emozione, anche tutti gli inevitabili imprevisti. La prima volta che ho simulato la prova, invece di 5 ore ne ho impiegate 8 per terminare il compito… É stato un bel sacrificio ma ne è valsa la pena».

© ph. Matteo Marioli

D. Ti hanno assegnato anche il premio della sostenibilità.
R. «Certo. Il tema della competizione era dedicato al “Domani e ai suoi cambiamenti” era stato definito nel 2019, prima che la crisi pandemica fermasse tutto. Ho scelto di rappresentarlo usando soltanto ingredienti vegetali per ridurre l’impatto ambientale. Prima di usarle ho fatto ricerche sulla qualità delle materie prime, ma anche sulla sostenibilità delle aziende produttrici, anche di quelle dei contenitori. Sono stata l’unica durante le prove ad avere il cestino dello sporco sempre vuoto, cioè, non ho prodotto scarto. Sono arrivata con tutte le mie ricette pesate e calcolate nelle grammature e ho riciclato tutto».

D. Cosa ha significato per te essere la prima donna a rappresentare l’Italia in una competizione così prestigiosa?
R. «Un onore. Mi ha dato ancora più carica. Oltre a rappresentare il mio Paese, per me è stato motivo di enorme orgoglio rappresentare tutte le donne nel mondo. Mi vengono ancora i brividi se penso alla standing ovation che ho ricevuto. É stata una grande opportunità, anche per creare nuove collaborazioni. Dopo aver superato la selezione hanno iniziato a chiamarmi da tutto il mondo, ma non credo sia stato perché ero l’unica donna in finale, quanto piuttosto perché la mia proposta è stata unica. Ho dimostrato quello che sapevo fare e soprattutto l’amore che ho per il mio lavoro e per la ricerca della qualità».

D. La creatività è un “lusso” che spesso molte donne ancora non possono permettersi
R. «Nel nostro settore stanno crescendo le donne, ma sono ancor poche le donne. Molte di loro faticano ancora oggi a investire del tempo per dedicarsi alla pasticceria. Io sono fortunata ho un compagno che mi sostiene e ho già due figlie grandi. Come dire… la mia storia l’ho già fatta e quindi oggi sono più libera di dedicarmi a ciò che mi piace. Questo lavoro occupa tempo, e la creatività ha bisogno di studio e ricerca. Purtroppo la quotidianità delle donne ancora non aiuta».

D. Perché poche donne si dedicano a questa professione, eppure nelle scuole di pasticceria le aule sono piene di donne?
R. «Ci sono tante donne che lavorano nel mondo della pasticceria, ma poche di loro possono emergere. É un lavoro difficile e se sei una donna, molto spesso, il datore di lavoro se vuole investire non lo fa su di te. Il nostro settore è ancora diviso, la parità di genere è ancora piuttosto lontana. Dobbiamo continuare a dimostrare molto di più dei colleghi maschi se vogliamo arrivare, per questo ci sono ancora poche pasticciere affermate. Una volta era un lavoro difficile molto fisico e pesante, oggi abbiamo a disposizione macchinari e attrezzature che lo rendono più leggero. La discriminazione, o la “non” parità di genere, però continua ad esserci: nasce dal fatto che diventiamo mamme, e per un momento della carriera spostiamo le priorità verso la famiglia».

D. Il problema sono i figli?
R. «Non è una questione di figli, non del tutto. É più una questione di mentalità maschile, di una cultura che va cambiata in generale. Perché essere madre non vuol dire escludere la possibilità di essere anche una grande professionista. Le donne non lavorano sono di mani, ma anche di testa e cuore. Io sono riuscita a fare il percorso del Workshop Master perché oltre ad essere una pasticcera, sono un’imprenditrice, ho alle spalle un’azienda che ha investito su di me. La crescita professionale per una donna è più difficile. Ma non impossibile. Tutto il mondo ha fatto figli. Sotto molti aspetti la donna è un apporto indispensabile in termini di creatività e manualità soprattutto nel mio settore. Però sono convinta anche che dobbiamo superare anche questa divisione, uomini e donne. Siamo tutti professionisti. La prima volta che sono entrata in un laboratorio non mi sono sentita donna o uomo mi sono sentita me stessa. Ma sotto questo aspetto in Italia siamo ancora un po’ troppo acerbi e “all’antica”».

D. Qual è stato il tuo percorso?
R. «Sono nata in mezzo ai dolci, poi ho fatto Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti, mi sono sposata, ho avuto due figlie, mi sono ferma due o tre anni, poi ho iniziato a lavorare in pasticceria e ho portato il mondo dell’arte adattandolo al mio modo di fare pasticceria. Un mondo che mi ha sempre incuriosita, fin da piccola, quando andavo in laboratorio per vedere cosa facevano i pasticceri. Mi ha sempre incuriosito l’aspetto degli ingredienti che ancora oggi approfondisco, seguendo diversi corsi di aggiornamento. Mi piace stare a contatto con i giovani “freschi” di scuola per capire il loro approccio alle cose. A volte scopro che ho fatto cose in certo un modo e magari per tanto tempo, ma che avrei potuto fare meglio in un modo diverso. Insegnare? Potrei, ma sento che ho ancora molto da approfondire. Perché il cioccolato è una cosa molto seria. Non è solo un’arte, è anche molta chimica regole importantissime che vanno seguite rigorosamente».

D. Il tuo motto?
R. «Il cioccolato non sostituisce l’amore è l’amore che sostituisce il cioccolato».

D. Il cioccolato secondo te fa parte delle abitudini di vita quotidiana dei bresciani?
R. «No. Comprano la cioccolata per gli altri ma non per loro. Questo, purtroppo, non vale solo per i bresciani. In Italia, in generale, non esiste una cultura del cioccolato. Si regalano praline che magari non vengono mai aperte. Eppure il cioccolato, se preso nelle giuste dosi non fa male, anzi, e potrebbe benissimo sostituire la classica pasticceria. Le persone vanno guidate, educate nell’alimentazione. Provate a presentarvi a cena con una scatola di bon bon fatti con ingredienti freschi mettetela in mezzo al tavolo, sentirete vere esplosioni di sapore in bocca, di cui non vorrete più fare a meno. Il cioccolato deve far parte della nostra tavola, bisogna imparare a degustarlo, capirlo e provarlo».

La sua Vittoria Alata una splendida scultura di cioccolato © ph. Matteo Marioli

D. Quali sono i tre dolci iconici che ti rappresentano?
R. «Tiramisù, tiramisù e tiramisù. Perché il tiramisù è il dolce indice di come le persone sanno veramente lavorare».

D. La pasticceria del domani?
R. «La pasticceria del domani è sicuramente green, attenta alla sostenibilità, alla dieta e alla salute. Dobbiamo sempre di più avvicinarci, non al mondo vegano, ma a quello vegetale. Significa avviare una cucina sostenibile che dica no all’inquinamento, agli allevamenti intensivi che in Europa producono molta più CO2 delle macchine. La mia pasticceria è aperta a questi cambiamenti e insieme a mio fratello abbiamo già avviato alcune modalità che vanno in questa direzione. L’esigenza dettata non solo dal mercato di adottare uno stile di vita sano, ci ha permesso di sperimentare nuove creazioni, nuovi ingredienti e utilizzi più consapevoli di materie prime come lo zucchero».

D. Progetti futuri?
«Sto lavorando a una nuova sfida che mi vedrà al fianco del Gruppo svizzero Barry Callebaut, il principale produttore mondiale di prodotti a base di cacao e cioccolato di alta qualità. Se il progetto andrà in porto nei prossimi mesi sarò impegnata come Ambassador Italia per l’estero per la Barry, per studiare nuovi prodotti sempre nel solco della sostenibilità. Faremo ricerca e sviluppo di quello che sarà il mercato nuovo sul cioccolato».

 

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